Friday, April 10, 2020

Lettera agli amici italiani

Cari amici italiani,
mentre in quasi tutti i media italiani si glorificava il gesto albanese dei trenta medici ed infermieri portati dal loro Primo Ministro, Edi Rama, in Italia - considerato come “la lezione albanese” (all’Europa), “un miracolo di Dio” - nei social media albanesi, invece, circolava questa battuta:
IMPORTANTE ANNUNCIO DEL MINISTERO DELLA SALUTE:
per la mancanza dei termometri nelle farmacie, a causa della crisi del coronavirus, il Ministero della Salute avvisa: 
se sospettate di avere temperatura procedete come segue: prendete tre semi di mais, metteteli nel retto, se saltano fuori a breve come popcorn, avvisate immediatamente il numero di emergenza 127.”
È una battuta tra le tante che circolano e che a molti ricorda l’umorismo nero durante il regime comunista anche perché l’atmosfera che regna oggi in Albania ha molto il sapore di quel tempo.

Vivendo tra l’Albania e l’Italia, visto che da circa 20 anni sono parte di una famiglia italo-albanese e avendo forti legami affettivi ed umani con il vostro fantastico paese, capisco le emozioni che ha suscitato tra gli italiani il gesto del nostro Primo Ministro, come anche l’interesse politico italiano che c’era dietro, ma vi invito ad approfondire il significato e lo scopo di questo gesto considerandolo anche dal punto di vista degli albanesi che vivono in Albania.
Secondo recenti dati dell’ONU sull’Indice della felicità, l’Albania di Edi Rama è il tredicesimo paese più corrotto nel mondo. Secondo Gallup 2017, il 56% degli albanesi vuole lasciare il paese. Se continua questo trend, l’Albania, che con la caduta del comunismo ha perso 1 milione di abitanti (rimanendo  circa 2,8 milioni di abitanti), nel 2100 rimarrà con solo 512.000 persone (anche questo secondo ultimi dati ONU).

Tutto questo perché l'Albania rappresenta l'esempio più drammatico fra i paesi ex comunisti che hanno subito un rapido passaggio dalla dittatura comunista al capitalismo selvaggio dove, in un breve tempo, pochi oligarchi - qui in gran parte esponenti del crimine organizzato - hanno sequestrato lo Stato, rendendo le sue istituzioni nient'altro che strumenti per espandere il loro potere economico lasciando la maggior parte della popolazione in estrema povertà.
Edi Rama, come gestore degli interessi di questi pochi, sta portando il paese verso un sistema sempre più autoritario con spazi democratici sempre più ridotti. Dopo aver derubato i voti delle elezioni del 2017 con l'aiuto del crimine organizzato (confermato dalle intercettazioni della magistratura pubblicate anche nel quotidiano tedesco Bild), ha spinto l'opposizione a lasciare il parlamento dichiarando che non poteva più servire da facciata democratica a un Narco – Stato definito da The Independent “La Colombia di Europa”. Il governo locale è al 100% nelle mani del suo unico partito al potere. L'ingresso in Parlamento negli ultimi anni di trafficanti e assassini è un fenomeno che neanche si poteva immaginare negli anni ’90. I media nazionali e locali sono quasi tutti controllati dall'oligarchia che lo circonda. La magistratura e il sistema giudiziario sono completamente asserviti al potere. 


Di tutto ciò il pubblico italiano sembra poco informato visto che la Repubblica ha presentato Rama come uno che ha pulito Tirana “dal degrado”, “dalla malavita”. Per noi qui questo è raccontare favole agli italiani che devono sapere che gran parte dell'attività criminale del narco-traffico albanese, che ricicla i soldi tramite le costruzioni nella costa e nel capitale, si svolge in Italia. Paradossalmente le critiche vengono dalla politica e dai media di paesi molto più lontani mentre la politica italiana e i media più importanti dimostrano di avere un debole per tali personaggi il che, in fondo, secondo me, e anche segno di disprezzo per gli albanesi. Perché dico questo? Perché il modo in cui è stato presentato questo gesto, mettendo in luce la figura di Edi Rama e non il sacrificio di un popolo, a molti in Albania ha fatto ricordare il modo in cui in Italia veniva ricevuto Gheddafi qualche anno fa, facendoci così sentire trattati come membri di una tribù guidata da un capotribù e non persone che aspirano a vivere in una reale democrazia. Lo dico perché non posso immaginare che voi accettereste nel vostro paese un Parlamento monopartitico, o che tutti i sindaci d'Italia fossero dello stesso colore.
Anche l’emergenza sanitaria del coronavirus in Albania è gestita con i metodi di un regime. Usando Edi Rama il linguaggio del vecchio regime, la parola d’ordine adesso è: “Siamo in guerra e chi non segue le regole è un nemico, un traditore, un sabotatore”. Una settimana prima del “miracolo di Dio” verso gli italiani, ha diffuso tramite il suo Facebook un video che mostrava la polizia algerina massacrare i manifestanti con i manganelli ma facendolo passare come un video realizzato in Spagna dove i poliziotti portavano con la forza le persone dentro casa avertendoci che avremmo ricevuto lo stesso trattamento se non avessimo rispettato gli orari di chiusura imposti. Anche l’isolamento non ha precedenti in Europa. Solo un membro della famiglia può uscire di casa e solo un'ora nella fascia oraria dalle 5:30AM alle 13:00PM e deve ottenere per questa uscita l'autorizzazione della polizia 24 ore prima. Nemmeno con i cani si può uscire. Nel frattempo le indennità di disoccupazione fornite dal governo albanese rappresentano solo un terzo dell'aiuto fornito invece dal nuovo, due volte più piccolo, Stato di Kosovo, (60 milioni contro 170 milioni).
Dopo la patina di legittimità che ha ricevuto in Italia, visto che anche Corriere della Sera ha apprezzato il suo metodo di gestire la quarantena, Rama ha mandato al Parlamento un ammendamento del  Codice Penale dove si prevede una condanna dalla multa fino a 15 anni di prigione per quelli che violano la quarantena, il che risulta un record mondiale.




Cari amici,
Come voi in Italia anche noi in Albania, stiamo attraversando un periodo in cui, come direbbe il vostro filosofo Giorgio Agamben, ci appare lo spettro dell'”uomo nudo”; dell’uomo ridotto ad essere biologico che pensa solo a sopravvivere. In questo momento ci siamo tutti privati di molti diritti fondamentali, siamo quasi svestiti da quelle dimensioni che ci rendono esseri umani, quella politica, quella sociale quella religiosa, avendo il Parlamento vuoto, i luoghi di assembramento vuoti, le chiese e le moschee vuote, le scuole e le università vuote. L'essere umano ridotto a questo è molto fragile di fronte a tutti coloro che sono assetati di dominio e sopraffazione. Io temo, e non sono il solo, che alcuni metodi repressivi della gestione dell’emergenza sanitaria rimangano anche quando l’emergenza sanitaria non ci sarà più. E i paesi più a rischio sono quelli più poveri di anticorpi democratici come l’Albania.
Io non apprezzo affatto questa Unione Europa che ha fallito nel mostrare il senso più profondo della sua esistenza in questo momento. Le dure controversie intraeuropee che ha suscitato questa drammatica situazione, e che vi hanno spinto alla ricerca di gesti simbolici di amicizia e sollievo altrove,  hanno le loro origini in questa Europa che purtroppo è anche opera della classe politica italiana. Ma detto questo, insieme alla riflessione su un’Europa da ricostruire, penso che gli aiuti che vengono da regimi che opprimono il loro popolo vi devono far riflettere di più sulle vere intenzioni di questi “nobili” gesti, se siano davvero nobili o se non siano, invece, operazioni mirate a coprire la miseria e il maltrattamento dei loro cittadini con la propaganda; se non sono gesti fatti per guadagnare appoggio e legittimità dal governo italiano per poter continuare a regnare indisturbati a casa propria. 


Inizio aprile, 2020

Un sincero affettuoso saluto da Tirana
Fatos Lubonja





Fatos Lubonja, ex-prigioniero politico, scrittore, giornalista. Nel 1994 ha fondato la rivista trimestrale “Perpjekja” (“Sforzo”), - un sforzo di introdurre lo spirito critico nella cultura albanese.
E’ autore di diversi libri di literatura e sagistica di cui due pubblicati in Italia. Ha ricevuto diversi premi in Italia e nel mondo tra cui il Premio Moravia per la literatura nell 2002.


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